I fumi che inquinano i cieli di Londra, che ne anneriscono l’orizzonte ostruendo i polmoni della nascente borghesia industriale e industrializzata, rimandano perfettamente al clima che si respira sul finire dell’Ottocento nella metropoli inglese, vera capitale nevralgica del mondo. All’ombra del Big Ben, la società vive di un fermento che si ripercuote sin nelle viscere di una città che, tra ristrutturazioni e inurbamento, sta vendendo la sua anima alle meraviglie del carbone, del vapore, dell’energia che muove come per magia enormi ammassi di acciaio e, al tempo stesso, annerisce i volti dei bambini costretti a lavorare ed ammalarsi nelle fabbriche che sorgono come funghi, in periferia come nel centro, proprio a due passi dal lussuosissimo covo in cui la Regina Vittoria spia la folle corsa dei suoi sudditi verso le promesse di ricchezza millantate dalla tecnologia. Ci sono ancora i cavalli a spostare merci e persone sulle strade, eppure treni e battelli offrono già vie di comunicazion...