La giovane Renée è l’avatar, il simbolo, la metafora prescelta dall’italianissima LKA per ribadire che i videogiochi abbiano tutto il diritto, nonché il dovere, di affrontare certe tematiche senza alcun timore reverenziale, persino sfidando, con un pizzico di irriverenza, lo stato dei fatti, la comune ed erronea concezione di un medium che andrebbe fruito unicamente come fonte di svago. The Town of Light è un prodotto originalissimo nel modo di confrontarsi con la sua utenza, pretendendo e instaurando un dialogo quanto mai diretto, schietto, tutt’altro che edulcorato. Se Outlast e Dementium popolavano le strutture sanitarie prescelte di (surreali) mostruosità assortite, se Silent Hill da sempre preferisce la strada dell’allegoria per inscenare i drammi dei suoi protagonisti, l’avventura proposta da LKA è priva di filtri, evita i giri di parole, sceglie di sporcarsi le mani con la realtà.

A questo proposito sono serviti i numerosi sopraluoghi del team di sviluppo nell’ex-manicomio di