Da ragazzino avevo una passione per l’estetica pastorale: declivi coperti d’erba smeraldo, dolci ruscelli, i paesini abbarbicati sulle montagne. Ho sempre trovato molto affascinante il tentativo di razionalizzare la bellezza selvaggia della natura, dai quadri di Friedrich ai paesaggi creati da Miyazaki. Nonostante tutto, però giochi come Harvest Moon o il temibile Farmville non sono mai riusciti a conquistarmi. Troppo giapponese il primo, con un sistema di grinding che manco nel primo Final Fantasy e troppo mainstream il secondo, più simile a Candy Crush che a un videogioco vero. Stardew Valley è…diverso.

Sviluppato in totale solitudine da Eric Barone, un giovane ingegnere americano (all’epoca) disoccupato, il gioco di ConcernedApe non stupisce per originalità e si affida a meccanismi semplici. Però lo fa dannatamente bene. Stardew Valley ha le stesse premesse di un qualsiasi Harvest Moon, nei panni di un neofita dell’agricoltura dovremo prendere in mano una fattoria in rovina e ...