C’è una scena di The Dreamers piuttosto famosa in cui i tre protagonisti si sfidano ad attraversare il Louvre nel minor tempo possibile. Un gesto dissacrante, artistico per certi versi, certamente politico, che ribalta completamente la consueta (e socialmente accettabile) fruizione di un museo. Nei videogiochi esiste qualcosa paragonabile, seppur alla lontana: gli speed run. Mere esibizioni dell’abilità (dell’arte) dell’utente, tralasciano ed escludono qualsiasi ambito del prodotto che non sia primariamente e prettamente ludico. Non ci si ferma ad ammirare un panorama: si corre a perdifiato sino ai titoli di coda.

The Order: 1886 con tutto questo non c’entra assolutamente niente. È un gioco che anacronisticamente, nell’era dei Vine e della fibra ottica, pretende una lenta, progressiva e paziente immersione da parte dello spettatore. Esige un atto di fede, fornendo solo in piccole dosi gli ingredienti che insaporiscono un contesto narrativo mastodontico e strabordante per quantità di ri...