Bloodborne è l’antieroismo per antonomasia. Si prende gioco della più assodata e sottintesa fra le convenzioni videoludiche, quella di lottare per il bene, abbandonandoci, confusi, disorientati e appena risvegliati da un sonno molto simile alla morte, alle porte di una città ormai corrosa e corrotta. L’abito non fa il monaco, ci hanno insegnato, eppure l’elegante completo del Cacciatore, per quanto umile e poco efficace a contrastare le offensive nemiche, non ha fatto altro che consolidare l’erronea convinzione di essere dalla parte giusta. Tanto più che mefistofelici licantropi, uomini deformi e abomini di ogni stazza e forma, non potevano certo infondere fiducia e buone sensazioni. Yharnam era evidente vittima di un demoniaco contagio, destinato a distruggerla. A noi, al nostro avatar, il complesso compito di depurarla, nell’arco di una lunghissima notte, da ogni infezione.

Eppure, passo dopo passo, la lenta e progressiva scoperta di una sconcertante realtà. Altri Cacciatori...