Quando si sceglie di sacrificare qualsiasi ambizione ludica sull’altare della narrazione, bisogna assicurarsi di equipaggiare la propria opera di un plot dotato di una certa solidità, di una sceneggiatura capace di veicolare la giusta dose di pathos, di personaggi affascinanti e psicologicamente sfaccettati, di un’ambientazione coerente, carica di mistero o quantomeno ricca di dettagli che rimandino ad una miriade di altre piccole e grandi storie utili a contestualizzare l’avventura di turno.

Con l’affermarsi degli interactive drama, lo storytelling in ambito videoludico è stato chiamato ad una potente quanto repentina evoluzione, nel disperato tentativo di superare quella che alcuni chiamano dissonanza ludonarrativa, ve ne abbiamo parlato tempo addietro in un articolo dedicato, e nell’ovvia necessità di creare intrecci appassionanti, capaci, quasi da soli, di motivare il videogiocatore pur in assenza di un vero e proprio gameplay. Tuttavia, per ogni Until Dawn, che riesce egregiamente...