Il fenomeno Stranger Things è la classica punta dell’iceberg, il campanello d’allarme di una generazione che vive un presente piuttosto frustrante, ansiogeno, persino opprimente, nella peggiore delle ipotesi. Ci saranno (ci sono) studi antropologici a restituire un minimo di onore, di merito, di amor proprio a giovani ora definiti choosy, ora mammoni, a riconoscerne il valore, il coraggio, la testardaggine, a tracciare le coordinate storico-culturali di un’epoca complessa, che ha finito per stritolare una sconfinata trafila di innocenti, tutt’altro che responsabili della asfissiante contemporaneità con cui, tuttavia, devono fare giornalmente i conti nella quasi totale impossibilità di cambiare effettivamente e fattivamente le cose.

A questo, dicevamo, ci penseranno i libri di storia. Nel frattempo, orde di nostalgici, perennemente in cerca di una “dose” di anni ’80 e ’90, manco fossero drogati sull’orlo di una crisi d’astinenza, abusano di tutto ciò che li riporta con la mente e la mem...