Lo dice il titolo stesso: The Last of Us: Part II non è un sequel. È l’inevitabile prosecuzione, il secondo atto teatrale di una epopea che non si era effettivamente conclusa, in bilico, a pochi passi da una destinazione tutt’altro che premeditata, frutto di un drammatico, quanto prevedibile colpo di scena.

Il tema principale del capolavoro di Naughty Dog, a ben vedere, è proprio il viaggio. Fisico, certamente, da una parte all’altra di un’America in cui la civilizzazione, fondamentalmente, non esiste più, ma anche spirituale, emotivo, affettivo. C’è una scena piuttosto significativa in merito, quella, citatissima e apprezzatissima, che vede la giovane Ellie mostrare, forse per la prima volta, un lampo di eccitazione, di esaltazione, di felicità. Con un pizzico di timore, dopo averla avvistata da lontano e inseguita, si avvicina al volto di una gigantesca giraffa e le accarezza dolcemente il viso, primo contatto pacifico con una natura che, al contrario, le ha quasi sempre mostrato il ...