Dopo aver provato fino alla fine la modalità Il Viaggio di FIFA 17, quella nella quale non solo si costruisce la carriera di un giocatore ma si prende parte ad una vera e propria modalità single player, con un inizio e una fine, in cui una simulazione sportiva viene piegata per assecondare regole di altri generi, il giudizio è completamente diverso rispetto all’inizio. A prima impressione le avventure di Alex Hunter, giocatore emergente di colore nell’Inghilterra di periferia, con padre (bianco) assente e madre (nera) molto presente, ma soprattutto con nonno ex calciatore a dare consigli, sono una delusione a tutti i livelli, una specie di posticcia versione romanzata di un pessimo film. Però poi già da metà le cose cambiano profondamente.

All’inizio la sensazione è di essere in una storia di quarto livello, un romanzetto scritto da persone che non fanno gli scrittori di lavoro. C’è innanzitutto una pigrizia molto forte nel suggerire al giocatore il tono di una risposta ogni volta che ...