Arrivano dal cielo gli dei di Mayan Death Robots, ma com’è facile intuire dal nome del gioco di divinità in realtà non si tratta; non sono esseri eterni e sovrannaturali, ma macchine aliene con una spiccata tendenza per l’uccisione e la distruzione, quelle che fanno precipitare sui poveri Maya, coinvolti loro malgrado in scontri tra entità decisamente più potenti di loro, ma che sono persino disposti ad adorare, vista la loro provenienza. Due robot assassini, un popolo diviso tra di essi, un campo di battaglia pronto per essere devastato, ed ecco spiegata la natura del gioco di Sileni Studios, team di sviluppo indipendente belga capitanato da Karel Crombecq.

Il genere di Mayan Death Robots è di difficile definizione, è nella struttura e nelle dinamiche molto vicino a Worms, con la differenza che i due robot non agiscono in turni diversi, ma nello stesso, tirandosi quindi addosso di tutto, razzi, colpi di mortaio, insetti robotici, fulmini, secondo quelle che sono le peculiarità dei dieci diversi contendenti. Attenzione però: lo scopo del gioco non è quello di distruggere il nemico, ma far esplodere il suo nucleo, che è cosa diversa e separata. Ecco allora come un gioco che almeno sulla carta è molto semplice, che chiede solo di selezionare l’attacco da performare ad ogni turno, di costruire una barriera o di saltare, unico modo per muoversi, si trasformi rapidamente in una costante prova di ragionamento e strategia, perché occorre capire se sia meglio aprire il fuoco o trovare una posizione migliore, mettere una protezione di fronte al robot o al nucleo, bersagliare lo stesso o il nemico. E l’altro giocatore farà lo stesso, perché Mayan Death Robots è fruibile solo in multiplayer locale, vuole inserirsi in quella serie di produzioni che puntano forte sul gioco in compagnia, senza mettere internet di mezzo.

Mayan Death Robots screenshot

Mayan Death Robots – screenshot

Spararsi addosso è il cuore del gioco, ma non la sua totale descrizione, visto che nella sua struttura sono inseriti elementi che certamente hanno un riflesso diretto sulla capacità blastatoria dei due robot, ma che allo stesso tempo consigliano ai giocatori approcci differenti. I Maya non sono solo spettatori dello scontro tra robot, ma assalgono quello nemico se questo gli si avvicina; eliminarli produce un piccolo aumento del raggio dell’esplosione delle armi, aumento che diventa rilevante se ne si accoppano più alla volta o se si distruggono altri bersagli, come i totem, e persino le vere divinità della popolazione centramericana, che evidentemente non vedono di buon occhio gli invasori alieni e fanno di tutto per sbarazzarsene, in momenti nei quali i robot si trovano a collaborare.

Il gioco si trova ancora in fase beta, la sua uscita è prevista per questa estate, ma si mostra comunque già interessante, anche al netto della particolarità del concept di gioco, riferibile non solo al gameplay in senso stretto, ma anche alla necessità della presenza di due giocatori. Un comparto grafico discreto e sostenuto da una direzione artistica piacevole non fa altro che confermare le prime buone impressioni su Mayan Death Robots, che ci riserveremo di verificare tra qualche mese.